Con 339 voti a favore, 249 contro e 24 astenuti, il Parlamento europeo ha approvato l’emendamento bipartisan sugli standard di emissione della CO2 (bocciato invece quello sostenuto dal PPE, che prevedeva una riduzione delle emissioni di CO2 del 90% invece che del 100%). unione europea emendamento co2
Se davvero si tratta di una novità verde che cambierà l’aria che i cittadini europei respirano è però ancora difficile dirlo. Per farsi un’idea è bene approfondire cosa prevede questa decisione.
Nessuna vera novità: la misura approvata fa parte del pacchetto “Fit for 55”, già presentato dalla Commissione europea circa un anno fa, il 14 luglio 2021.
Altro aspetto non secondario, il testo approvato parla solo di “produzione autovetture nuove e i veicoli commerciali leggeri nuovi a zero emissioni” (proposta legislativa per la revisione dei livelli di prestazione in materia di emissioni di CO2). Questo significa che i veicoli esistenti potranno continuare a circolare. E ad inquinare. Una misura per “salvare il pianeta” (o almeno l’Europa, visto come è stata presentata dai media) che “intende contribuire agli obiettivi climatici UE per il 2030 e il 2050, nonché a fornire benefici ai cittadini attraverso una più ampia diffusione dei veicoli a emissioni zero (migliore qualità dell’aria, risparmi energetici e minori costi per il possesso di un veicolo) e a stimolare l’innovazione nell’ambito delle tecnologie a emissioni zero”. Ma che stando così le cose non cambierà molto. unione europea emendamento co2
Naturalmente molti si sono precipitati a lodare la misura approvata dall’europarlamento. Il relatore, liberal-conservatore olandese Jan Huitema ha parlato di “una revisione ambiziosa degli standard di CO2 un elemento cruciale per raggiungere i nostri obiettivi climatici. Con questi standard, creiamo chiarezza per l’industria automobilistica e stimoliamo l’innovazione e gli investimenti per le case automobilistiche”.
Davvero le auto elettriche sono ad emissioni zero? In realtà, le auto elettriche non emettono gas di scarico e, quindi, non producono inquinamento “locale” (a parte le polveri rilasciate dai pneumatici e dai freni). Gli accumulatori, le batterie, devono essere ricaricati prima o poi. Per circolare devono pur sempre utilizzare energia elettrica. E questa deve essere prodotta. Diventa fondamentale quindi capire “come” si produce l’energia elettrica: se, da un lato, è vero che le energie rinnovabili (ossia eolico e solare) e l’idroelettrico potrebbero consentire di ridurre le emissioni, lo stesso non può dirsi per le centrali a gas (400-500 grammi al chilowattora) o per quelle a carbone (come quelle appena riaperte in Italia da 800 a 900). Sarebbe più corretto, quindi, affermare che le vetture a batteria comporteranno emissioni di CO2 variabili in funzione della tecnologia impiegata per la produzione dell’energia.
Ma questo apre un altro dibattito delicato: la nuova politica verde europea non avrà gli stessi effetti in tutti paesi. Non in tutta Europa, infatti, l’elettricità viene prodotta con le stesse emissioni reali di CO2. Si va dai 30 grammi/kWh della Norvegia ai 600 della Polonia (a parità di auto e altri fattori). Secondo uno studio congiunto Ember/Ecco, nella migliore delle ipotesi, nel 2030, in Italia, il Piano nazionale dell’energia, il Pniec, riuscirà a soddisfare con fonti rinnovabili non più del 55% del fabbisogno. Poco visto che in altri paesi europei (come Austria, Danimarca, Germania, Portogallo, Spagna, Svezia e Olanda) le stime parlano di almeno il 75%. E le prospettive per il futuro non fanno ben sperare. Ad aprile 2022 sono stati resi pubblici i dati Terna sulle rinnovabili. Da questi dati emerge che sono stati “completati e attivati nuovi impianti per 0,64 GW”. Com’è possibile visto che solo poco tempo fa, in una audizione Parlamento, il ministro aveva parlato di 5,1 GW? In realtà, come ha ammesso il ministro, “nei primi cinque mesi del 2022 sono già stati richiesti allacciamenti alla rete per 5,1 GW”. Ma “richiesti” non vuol dire “realizzati”. Basti pensare che, alla fine del 2021, la richiesta di allacciamenti alla rete solo per eolico e fotovoltaico, prevedeva nuovi allacci per 168 GW, eppure, nello stesso anno, la nuova potenza effettivamente entrata in funzione (comprendente anche l’idroelettrico) è stata di solo 1,35 GW.
Motivo per cui, come conferma anche una ricerca di Eurostat, l’Italia cerca l’energia di cui ha bisogno oltre confine: è il paese europeo che dal 2013 ha aumentato meno la produzione sul territorio (16%). Ma questo i governi che si sono succeduti in questo decennio si sono guardati bene dal dirlo. Di dire che, in questo modo, hanno reso il paese sempre più dipendente dalle forniture estere (solo poche settimane fa sono stati sottoscritti – e sbandierati come un successo – nuovi accordi per l’acquisto di combustibili fossili dall’Algeria).
A questo si aggiunge che, dal 2013, le quote di mercato dei maggiori produttori di elettricità e gas nell’UE sono diminuite nella maggior parte dei paesi. Ma in misura differente. unione europea emendamento co2
Altro aspetto degno di nota ma del quale, stranamente (o forse no), i media no hanno parlato e che fare una stima delle emissioni “dal serbatoio alle ruote” per le auto elettriche è una forzatura pacchiana e superficiale: non tiene conto, infatti, di altri costi (e relative emissioni) come quelli per la costruzione di impianti di ricarica (particolarmente carenti al Sud cosa questa che aumenterà il divario tra le due metà in cui sia Italia che Europa sono divise) o dello smaltimento delle batterie (estremamente inquinanti).
Ciò nonostante, i media si sono precipitati a sbandierare la svolta “verde” per l’Europa. Secondo il presidente nazionale di Legambiente, “Il via libera arrivato dal Parlamento europeo allo stop alla vendita di auto a benzina e diesel dal 2035 rappresenta un’ottima notizia e un primo passo importante anche in nome del green new deal. Finalmente, si va nella giusta direzione per accelerare la transizione ecologica anche nel comparto auto”. E negli altri comparti? La scadenza tanto sbandierata non riguarda il trasporto merci pesante su gomma. Eppure le emissioni di questo settore rappresenta oltre un quarto delle emissioni di CO2. Anche le emissioni di CO2 prodotte da navi e aerei sono rilevanti. Emissioni di aerei e navi: dati e cifre – Infografica | Attualità | Parlamento europeo (europa.eu).
Ma per questi settori le misure da adottare previste dal piano sbandierato ieri appaiono piuttosto blande. Per il trasporto aereo, il Fit for 55 prevede l’utilizzo di almeno il 21% di combustibile sintetico (ma questo non vuol dire verde) entro il 2035. Per il trasporto marittimo (sopra le 5000 tonnellate di stazza lorda) di ridurre le emissioni del 13% sempre entro quella data (e di collegarsi con la rete elettrica di terra quando ancorate in porto, ma solo dal 2030 e a meno che le navi non dispongano di sistemi diversi per la produzione di energia elettrica). Tutto qui. Altro che emissioni zero.
In generale, nel 2035, la situazione reale nelle città non migliorerà in modo radicale. Già oggi l’impegno dedicato alle città e alla popolazione che vive in queste città è ben diverso da quello presentato sulla carta: secondo la Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, “le città italiane stentano a imboccare la strada della neutralità climatica. Anche se ci sono progressi, l’85% ad esempio aderisce al Patto dei sindaci per l’energia e il clima, il 90% programma di incrementare il verde urbano per assorbire la CO2, il 90% ha progettato interventi per la mobilità sostenibile”, ma “ci sono molti ritardi nell’utilizzo delle fonti rinnovabili, nel risparmio energetico, nei piani per l’adattamento ai cambiamenti climatici, nell’obiettivo della neutralità climatica al 2050, fissato da solo il 4% delle città. Ma soprattutto la maggioranza delle città non è in grado di valutare i risultati in materia di taglio della CO2 dei piani e progetti messi in campo, la maggior parte, infatti, non li monitora”.
Per fare il punto su questi aspetti nei mesi scorsi, il Green City Network della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile e il GSE, Gestore dei Servizi Energetici, hanno condotto un’indagine che ha coinvolto un campione di 14 milioni di italiani residenti in città sia grandi che piccole e in 10 aree metropolitane (Bologna, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Reggio Calabria, Roma, Torino, Trieste e Venezia). I risultati presentati in occasione della Conferenza Nazionale della Green City, mostrano che solo solo il 39% delle città ha aggiornato i target per il clima al 2030, quasi il 70% non ha un piano per l’adattamento ai cambiamenti climatici e solo il 4% ha un obiettivo per la scadenza del 2050. Nella maggior parte delle città, l’impegno verso la neutralità climatica entro il 2050, previsto e vincolante dal Regolamento europeo 2021/1119, non è stano ancora nemmeno “acquisito” come impegno locale (tranne una minoranza dei comuni). Parlando di efficienza energetica, il 78% delle città non monitora il target europeo al 2030 (3% di riqualificazione annua). Piste ciclabili e colonnine di ricarica elettrica sono previsti da oltre il 90% delle città, ma solo il 42% delle città ha in programma interventi per aumentare i mezzi del trasporto pubblico (meno rispetto ai programmi precedenti). E il 62% delle città non dispone di una valutazione delle emissioni di gas serra dei trasporti (solo il 41% ha adottato un Piano urbano per la mobilità sostenibile PUMS).
E questo senza parlare del fatto che queste misure “verdi” non interesseranno interi settori produttivi, e tra questi quelli maggiori responsabili delle emissioni di CO2.
In molti paesi europei (e l’Italia è tra questi), le misure sventolate nei giorni scorsi serviranno a poco. unione europea emendamento co2
Foto: periodicodaily.com
C.Alessandro Mauceri
Chairman Service MSNA e MS
Kiwanis Distretto Italia San Marino
e
Coordinatore Tavolo Tematico 6
Consulta Commissario Straordinario
del Governo per le Persone Scomparse
Fonte: https://www.lospessore.com/10/06/2022/ue-approva-emendamento-emissioni-standard-co2-cosa-cambia-davvero/