Sono stati per più di un anno con il fiato sospeso i genitori di Silvia Romano, la giovane volontaria che il 20 novembre scorso era stata rapita a Chakama, in Kenya.
Partita alla volta dell’Africa con tanti sogni nel cassetto e un’immensa voglia di aiutare il prossimo, il suo viaggio si è presto trasformato in un incubo. La sparatoria, il rapimento, poi il nulla. Quel giorno di autunno ha segnato l’inizio di un doloroso silenzio, spezzato solo da tre video girati dai rapitori nei quali Silvia diceva di stare bene, utilizzati nel corso delle trattative per ultimare la richiesta di un riscatto da capogiro, che nelle ultime ore ha diviso il web: 4 milioni di euro.
Adesso, Silvia è a casa ma è una ragazza diversa. Ha asserito di essere stata trattata bene, di non avere subito violenza e di essersi convertita volontariamente all’Islam.
Ecco cosa sappiamo noi di SegretoDonna. Rilasciata Silvia Romano
Rilasciata Silvia Romano: adesso si fa chiamare Aisha
Silvia era stata prelevata dal villaggio in cui si trovava, a Chakama, da tre uomini, che poi si sono rivelati dei semplici esecutori. È stata poi consegnata alla banda che ne aveva commissionato il sequestro, legata al gruppo fondamentalista Al Shabab.
La giovane milanese, poi, è stata immediatamente condotta in Somalia. “All’inizio c’erano due moto” ha raccontato nel corso di un lungo interrogatorio, “poi una si è rotta. Abbiamo fatto molti tratti a piedi, attraversato un fiume. C’erano degli uomini con me, camminavamo anche per otto, nove ore di seguito. Erano cinque o sei”.
Dopo circa un mese è giunta nel primo dei diversi “covi” da cui è stata, di volta in volta, spostata.
“Ero disperata, piangevo sempre. Il primo mese è stato terribile. Mi hanno detto che non mi avrebbero fatto del male, che mi avrebbero trattata bene. Ho chiesto di avere un quaderno, sapevo che mi avrebbe aiutata“.
Continua così il suo racconto: “Stavo sempre in una stanza da sola, dormivo per terra su alcuni teli. Non mi hanno picchiata e non ho mai subito violenza. Non sono stata costretta a fare nulla. Mi davano da mangiare e quando entravano nella stanza i sequestratori avevano sempre il viso coperto. Parlavano in una lingua che non conosco, credo in dialetto […] Leggevo e scrivevo. Ero certamente nei villaggi, più volte al giorno sentivo il muezzin che richiamava i fedeli per la preghiera”.
Mesi di reclusione, trascorsi leggendo il Corano, l’hanno portata poi alla conversione all’Islam. Scelta che lei definisce sincera e sentita ma sulla quale, secondo alcuni, potrebbero avere influito i 18 mesi trascorsi in prigionia.
E voi, cosa pensate delle sue parole? Rilasciata Silvia Romano
Scrivete i vostri commenti e continuate a seguirci su SegretoDonna. Rilasciata Silvia Romano