Coronavirus: le denunce non risparmiano lavoro covid sicurezza regolamentazione
Hanno superato quota 43 mila le denunce di contagio da coronavirus in occasione del lavoro. Il dato è stato aggiornato dall’Inail allo scorso 15 maggio, spiegando che sono arrivate 171 denunce da infortunio mortale, la metà delle quali concentrati nel personale sanitario e assistenziale.
Le denunce di contagio complessive tra fine febbraio e il 15 maggio sono per la precisione 43.399, seimila in più rispetto al dato del 4 maggio. I casi di infezione con esito mortale registrati nello stesso periodo sono 42 in più rispetto al monitoraggio precedente.lavoro covid sicurezza regolamentazione
Al 18 maggio, l’Iss contava 225 mila casi di contagi da Covid in Italia ma l’Inail mette in guarda dal mettere in relazione le due grandezze “innanzitutto per la più ampia platea rilevata dalll’Iss rispetto a quella Inail riferita ai soli lavoratori assicurati, e poi per la trattazione degli infortuni, in particolare quelli con esito mortale, per i quali la procedura presenta maggiore complessità dato l’attuale contesto, del tutto eccezionale e senza precedenti, di lockdown“.
Misure lavorative: infortuni e responsabilità contagi
Come noto, per altro, il tema è oggetto di una feroce polemica. Le aziende hanno. denunciato gravi ostacoli alla riapertura dal fatto. che il contagio è equiparato agli infortuni sul lavoro, temendo le possibili ricadute penali per chi avesse lavoratori affetti da Covid. In una recente circolare, l’Inail ha chiarito che le due cose (accertamento dell’infortunio. ai fini dell’assicurazione e responsabilità penale) non procedono di pari passo. In sostanza, se un datore di lavoro applica i protocolli di sicurezza e le linee guida governative e regionali non è responsabile dell’eventuale contagio da Covid-19 di un dipendente, proprio come avviene per i virus in genere.
Il timore espresso – tra gli altri – dai Consulenti del Lavoro, è però legato al rischio di entrare comunque in un circolo. di verifiche che potrebbero portare anche al sequestro degli impianti per accertare le responsabilità del datore, una eventualità nefasta in questo momento di estrema fragilità del tessuto produttivo. Ecco perché si punta a una sorta di ‘scudo’ per proteggere a priori i datori di lavoro “virutosi”.
Norme sul lavoro
Opzione sulla quale hanno aperto la ministra Nunzia Catalfo e il dg dell’Inail, Giuseppe Lucibello. “Nelle prossime ore ci sarà una riformulazione della norma che dirà che il datore di lavoro che ha applicato tutti i protocolli nazionali non ha alcuna responsabilità” nell’infortunio di un dipendente da contagio Covid, ha detto ieri la ministra del Lavoro ricordando che già la circolare Inail è comunque “esplicativa” sul punto. Questo ulteriore passaggio riguarderà una riformulazione del ministero rispetto ai vari emendamenti presentati al decreto liquidità.
In attesa di questi sviluppi, dai dati Inail emerge che l’età media dei lavoratori che hanno contratto il virus è di 47 anni per entrambi i sessi, ma sale a 59 anni (58 per le donne e 59 per gli uomini) per i casi mortali. Nove decessi su 10, in particolare, sono concentrati nelle fasce di età 50-64 anni (70,8%) e over 64 anni (19,3%). Il 71,7% dei lavoratori contagiati sono donne e il 28,3% uomini, ma il rapporto tra i generi si inverte nei casi mortali. I decessi degli uomini, infatti, sono pari all’82,5% del totale.
A livello geografico, tra le regioni più di un’infezione da coronavirus di origine professionale su tre (34,9%) è avvenuta in Lombardia. L’incidenza lombarda sul totale dei decessi sale oltre quasi al 44%. Rispetto alle attività produttive, il settore della Sanità e assistenza sociale, che comprende ospedali, case di cura e case di riposo, registra il 32,3% dei casi mortali.
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