PALERMO/ Tra i doni di Natale che le famiglie siciliane hanno appena finito di scartare spicca la bozza di decreto legislativo recante norme di “Attuazione dello Statuto Speciale della Regione Siciliana” che il 23 dicembre scorso il Consiglio dei Ministri ha confezionato per ripianare in dieci anni il «disavanzo derivante dagli effetti del riaccertamento straordinario», sul quale la defatigante attività di controllo della Corte dei Conti ha accesso un faro.Dilazione Regione Siciliana
Posto che il disavanzo sembri in larga parte esser figlio delle eredità degli anni precedenti e senza dubitare della necessità di ricorrere alla dilazione decennale di 2,1 miliardi di euro per scongiurare il rischio default, quel che sorprende è la soddisfazione per il risultato ottenuto che la nostra classe politica ha espresso con toni quasi trionfalistici.
Quale sia, in senso tecnico, il costo dell’operazione è materia per gli economisti.
Di sicuro è stato intimato ai nostri amministratori locali di ridurre la spesa con “provvedimenti controllati” dallo Stato e di adottare precise misure entro i prossimi 90 giorni, altrimenti il disavanzo dovrà esser ripianato in 3 anni. Più che una misura di attuazione delle nome dello Statuto, sembra una chiara diffida che il Governo nazionale rivolge ai nostri politici con l’imposizione di un regime di controllo.Dilazione Regione Siciliana
Tutto questo, però, non può non avere ripercussioni economiche, sociali e culturali. Se, da un lato, l’aumento del debito generalmente determina una contrazione dei consumi, dall’altro lato, la riduzione della spesa non potrà di certo incentivare la politica degli investimenti, essenziali per lo sviluppo della Sicilia. Inoltre, il recente provvedimento approvato dal Consiglio dei Ministri, più che della diffida, ha il sapore del ricatto, dell’ingerenza, del commissariamento, della continua erosione dei principi di libertà che contribuiscono ad alimentare quei sentimenti di rassegnazione e frustrazione che inducono ad abbandonare una Terra che, da sola, possiede oltre un quarto del patrimonio artistico italiano.
Con quest’ultimo regalo di Natale è stata iscritta l’ennesima ipoteca sul valore dell’autonomia e sulla capacità di autogestione delle risorse dei Siciliani.Dilazione Regione Siciliana
Si apprezza, poi, che Musumeci e Armao, al termine della loro trasferta a Roma, abbiano dichiarato che non saranno effettuati tagli pesanti a carico delle fasce più “deboli” della popolazione. Tuttavia, sul concetto di “debolezza” è richiesto un chiarimento di carattere pratico, giacché – solo per citare un dato – la media delle retribuzioni dei lavoratori dipendenti in Sicilia si aggira intorno ai 15000/16000 euro annui pro capite, rispetto ai 27000 della Lombardia (cfr. Il Sole 24 Ore – 2018) e – per citarne un altro – una famiglia si considera «assolutamente povera se sostiene una spesa mensile per consumi pari o inferiore a tale valore monetario» (cfr. ISTAT, dicembre 2018).
In attesa di ricevere le giuste rassicurazioni, quel che le famiglie siciliane si aspettano è il forte segnale di cambiamento. È la coraggiosa e vera attuazione dei principi dello Statuto cui la politica locale deve informare il proprio operato con spirito non più remissivo, ma pretensivo.
L’augurio, per il nuovo anno deve esser quello di non trattare più sui debiti che piegano le famiglie e i contribuenti siciliani, ma di discutere con schiena dritta dei crediti che la nostra Regione vanta nei confronti dello Stato.